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Quattro anni fa con le amiche del forum Le Civette sul Soufflè, abbiamo organizzato un "cantiere"; con questo termine indicavamo un incontro virtuale tra noi, in seno al quale si sceglieva una ricetta particolare o un pochino più complessa e la si realizzava in simultanea. Una sorta di video conferenza, diciamo "sulla fiducia", dato che non andavamo in video, ma ci servivamo unicamente delle foto che riproducevano i singoli passaggi.

Quella volta organizzammo un cantiere "a lungo termine" mosse dalla curiosità di dar vita al lievito naturale. Avevamo (abbiamo) tra noi una Civetta esperta in panificazione che ci avrebbe guidati sapientemente tra i numerosi anfratti di quel procedimento, dalla teoria alla pratica (trovate qui gli approfondimenti e i passaggi di quell'esperienza).

Dopo circa un anno e mezzo di coltivare quel .... "coso" (detto anche animaletto, creaturina e via dicendo) che a me personalmente non diede mai  le soddisfazioni attese, mi dissi che ne avevo abbastanza. Disfarmene non ne fui capace, mentre mi limitai a dargli ancora una rinfrescata, avvolgerlo per bene nella pellicola per alimenti, inserirlo in un sacchetto da congelamento, annotare all'esterno una data e riporlo nel freezer. 

Nonostante le specifiche indicazioni della nostra civetta panaria, tuttavia, non usai molte accortezze in quel procedimento. Anzi, non ne usai alcuna. Una parte di me, in verità, era certa che non mi sarebbe mai più tornata la voglia di rimetter mano all'impasto, così, se anche la frettolosa ibernazione avesse provocato il decesso dell'animaletto, non si sarebbe poi trattato di questa gran perdita.

A distanza di tre anni, mi sono ritrovata a soppesare il gelido involto tra le mani, decisa a verificarne lo stato di salute e, se non avesse mostrato segni di vita.... amen! Non si tratta di pessimismo, ma il ricordo delle modalità poco accorte con cui, a suo tempo, procedetti al congelamento, rafforzava la mia certezza che quello che avevo davanti, fosse un pezzo di pasta, inerme, e nulla di più.

Ma diligentemente dovevo fare il mio tentativo. Così seguii le istruzioni che Mariavittoria dava qui, per la riattivazione del lievito naturale congelato.

Trascorse 24 ore dall'uscita dal freezer, ho, dunque, iniziato i rinfreschi previsti. Ok, non proprio tutti (tanto non ce la fa!).

Ho recuperato un piccolo barattolo da marmellata, lavato ordinariamente (odorava ancora di albicocca); prelevato il cuore dell'impasto pari a circa 50 gr., iniziando a miscelarlo con circa 20 gr. di acqua tiepida, ottenendo una pappetta semiliquida; ho preso poi 50 gr. di farina manitoba e lavorato fino a quando non si è formata una pallina omogenea. L'ho riposto nel barattolo e lasciato a temperatura ambiente (che qui al sud, pur essendo novembre, era ancora piuttosto piacevole). 

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Lo osservavo nelle ore successive e il suo aspetto sempre uguale dava forza alla mia rassegnazione. Ho continuato ancora per qualche giorno: prelevavo il cuore della pasta e lo impastavo con acqua tiepida e altra farina; di nuovo nel barattolo, stavolta nel forno appena intiepidito e lasciato lì a giacere.

L'indomani, non esattamente alla stessa ora, (diciamo che erano passate quasi 36 ore) me ne sono ricordata e l'ho estratto dalla sua cameretta.

Davanti a me si poneva uno spettacolo assolutamente inatteso e, per quanto mi riguarda, del tutto inedito! Non soltanto l'impasto aveva colmato il barattolo, ma fuorusciva dal bordo della capsula! 

Rimasta per parecchi secondi, qualche minuto direi, con la bocca spalancata, provai un'ondata di entusiasmo che non era messo in conto.

Consigliata dalla solita Mariavittoria, ho continuato alcuni rinfreschi ancora per testalo ulteriormente.

E.... che dire? La crescita si manteneva costante e, aprendo il barattolo, la sorprendente alveolatura e porosità, unita all'inebriante profumo di naturale ed autentico, creava la combinazione perfetta per il primo esperimento. 

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A questo punto non potevo tirarmi indietro: lui era sopravvissuto e stava a me curarmene.

Alle sei di mattina l'ho rinfrescato. Dopo circa tre ore ho notato una discreta crescita, favorita da una temperatura ambiente davvero mite. Seguendo la ricetta indicata nel Civettaro per il primo pane semplice , ho impastato gli ingredienti e poi lasciato a lievitare per circa 3 ore. Allo scadere di questo tempo, ho formato dei piccoli pani che ho riposto a lievitare ancora per circa altre 3 ore.

Forno ben caldo con pentolino d'acqua bollente all'interno. Ho infornato i miei "esperimenti" che, diciamolo, sono venuti di un buono che mai avrei pensato!!!!!

Non è il pane gonfissimo e leggero che otteniamo con il lievito di birra, sia ben chiaro!!! Forse - anzi certamente - per la modesta maturità del mio lievito.

Ma è qualcosa che va al di là del concetto che abbiamo di "pane", ha un che di mistico, nel gusto, nel profumo e, ovviamente, nella digeribilità.

Un esperimento che consiglio, benefico anche per lo spirito, come una meditazione in movimento.

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Chiarastella